Lasciamo la camera gestita da l’ennesima donna affamata di denaro mentre si rifiuta di farci lo sconto per l’assenza d’acqua durante la prima sera, per spostarci in favore di una casa particular arredata con maggior gusto e addirittura ad un prezzo inferiore. Trascorriamo la giornata cercando di figurare un itinerario per i giorni che ci restano nel paese e dopo aver scelto di spingerci fino all’estremo est dell’isola andiamo alla stazione degli autobus per riservare due posti il giorno seguente. Con sconcerto veniamo a conoscenza che i bus per i giorni a seguire sono già tutti prenotati e veniamo invitati dall’impiegato di Viazul, con scarso entusiasmo cubano alla quale siamo ormai abituati, a metterci in lista d’attesa per domani l’altro e sperare che qualcuno abbia modificato i suoi piani. Il giorno seguente ripensiamo al nostro programma e decidiamo di rinunciare all’idea di andare fino a Baracoa, concentrandoci maggiormente sulla parte ovest dell’isola. Ci accordiamo per prendere un taxi condiviso fino a Playa Girón ed il giorno seguente, dopo aver assistito ad uno sterminio di granchi che attraversano incoscientemente a centinaia la carreggiata, ci troviamo di fronte alla casa di Julio, sperando che abbia una camera libera.
Purtroppo ci fa notare che sta ridipingendo l’abitazione e quindi non ospita turisti, ma ci dirige verso una coppia di suoi amici confidandoci che sono ottimi cuochi. L’indomani ci presentiamo al centro di immersioni dove scopriamo che l’attrezzatura risale all’incirca ai tempi della seconda guerra mondiale e la scelta della misura del materiale è un privilegio concesso solo ai primi arrivati, mentre i ritardatari devono accontentarsi di quel che avanza. Ci immergiamo in compagnia di Julio e circondati da un’infinità di bollicine che fuoriescono da ogni parte dell’equipaggiamento navighiamo all’interno di un giardino di coralli intatti, incappando di tanto in tanto in un relitto affondato durante l’attacco fallimentare effettuato da parte degli Stati Uniti il quindici aprile millenovecentosessantuno.
Trascorriamo qualche giorno in questo luogo poco frequentato dai turisti, alternando ottime pietanze di mare cucinate magistralmente da Yosnel ed immersioni in magnifici fondali, con l’aggiunta di attrezzatura di più recente fabbricazione procurataci da Julio che per qualche motivo ci ha preso in simpatia. Visitiamo pure la vicina Caleta Buena dove ci concediamo una giornata di puro relax, tra un bagno refrigerante nelle acque cristalline della baia e un mojito rinfrescante al bar della spiaggia. Condividiamo un altro taxi con una coppia di giovani tedeschi che trovandosi alle prime armi con i viaggi zaino in spalle ci strappano un sacco di informazioni dopo aver saputo che stiamo effettuando un giro attraverso i cinque continenti. Arrivati a Viñales ci buttiamo alla ricerca di un alloggio e veniamo dirottati alla casa particular di Mirabel, un’abitazione semplice, spoglia di qualsiasi lusso, ma gestita da una signora discreta ed a primo impatto simpatica. Durante la settimana trascorsa in questo paesello attorniato da monoliti di roccia calcarea e coltivazioni di tabacco ci riposiamo e perlustriamo i dintorni.
In compagnia di una coppia di giovani romagnoli raggiungiamo la punta ovest dell’isola per trascorrere una giornata sul litorale di Maria la Gorda e dopo aver appurato che la visibilità sotto la superficie dell’acqua è ottima decidiamo di immergerci un’ultima volta nel mare della costa cubana. Oltre che in questa spiaggia remota trascorriamo una giornata pure nel più frequentato Cayo Jutias, ma senza restarne estremamente stupiti a causa delle alghe depositatesi sul bagnasciuga che guastano l’immagine della candida spiaggia ornata da palme. Senza allontanarci troppo dal centro di Viñales ci rechiamo alla Cueva de Santo Tomás, percorrendo alcune centinaia di metri al suo interno alla scoperta di strane formazioni rocciose createsi nell’arco di milioni di anni. Come la maggior parte dei turisti che si recano in questa zona pure noi montiamo in sella ad cavallo che ci conduce attraverso la Valle del Silenzio.
Dapprima visitiamo un’azienda in cui, dopo aver essiccato le mastodontiche foglie di tabacco, si producono rigorosamente a mano i famosi sigari Montecristo, che tanto amava Ernesto Che Guevara. Rimontiamo in sella all’equino per dirigerci al Mirador con una pausa nel tragitto per una celere descrizione del processo di produzione del caffè e del rum tipici della zona. Avendo molto tempo da spendere nella regione restiamo volentieri a chiacchierare con Maribel e riusciamo ad estorcerle qualche informazione in più riguardo alla situazione del paese. Dopo tre settimane senza alcun contatto con il mondo esterno ci connettiamo finalmente ad internet, per scoprire che il nostro volo d’uscita da Cuba è stato anticipato di ben cinque ore. Ci rallegriamo per aver ricevuto l’informazione tramite posta elettronica e non direttamente al banco del check-in quando l’aereo sarebbe già decollato da ore, anche se ciò significa che il giorno della partenza dovremo affrontare una levataccia con la conseguente eterna attesa nell’aeroporto dello scalo. La rete informatica ci porta un’altra buona notizia, ovvero che dopo ben tre mesi e mezzo dall’incidente accadutoci in Australia l’assicurazione ci rimborserà l’intero importo da noi anticipato entro due settimane. Felici per le comunicazioni ricevute ed ansiosi di proseguire il viaggio verso la prossima destinazione centroamericana salutiamo Maribel, che al momento di porgerci il conto della camera non si dimostra differente dai suoi connazionali e rientriamo a l’Avana per consumare gli ultimi momenti sull’isola. Veniamo accolti da Dulce che ci intrattiene con racconti sul paese dal suo punto di vista decisamente anticomunista, condividendo la nostra opinione che l’essere umano è capitalista per natura, ed in seguito visitiamo il museo della rivoluzione che, con la forte propaganda in difesa delle ideologie Fideliste, ci illustra la storia vista dal lato opposto.
Concludiamo la giornata acquisendo un po’ di conoscenza sulla produzione del rum nei corridoi del museo dell’Havana Club e concedendoci una cena a lume di candela accompagnati dalle note del pianoforte all’interno del salone di Los Nardos. Ci svegliamo alle prime luci del giorno, salutiamo Dulce e usciamo in strada ad attendere il tassista con cui avevamo fatto appuntamento il giorno precedente. Dopo un quarto d’ora nessuno si presenta e approfittiamo dell’occasione, offertaci da un taxi di passaggio, di fare un ultima corsa a bordo di una automobile d’epoca per raggiungere l’aeroporto. Tentiamo di spendere gli spiccioli rimasti presso il duty free e anche qui la cassiera sbaglia la somma dell’importo totale, casualmente arrotondando verso l’alto.